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“Diversi anni sono passati da quando alcuni ragazzi di un piccolo paese sugli appennini modenesi, stretti al loro parroco Don Nello Pedroni, decisero di aspettare la mezzanotte della vigilia tutti assieme. Fu un’idea che prese corpo e vita in poco tempo, con pochi mezzi e pochi soldi, ma tanta buona volontà. Attori, costumisti, sceneggiatori non ce n’era, solo gente che pur lavorando per otto ore e più, a sera aveva ancora voglia di dare una mano. Per le viuzze più vecchie si snodò il primo Presepe vivente, fatta dalla gente di Ciano per la gente di Ciano. L’entusiasmo, il senso di collaborazione ed anche un grande spirito natalizio furono alla base del Presepe vivente di Ciano. Nel corso degli anni sempre più gente ha collaborato a questa rappresentazione, e all’entusiasmo si sono aggiunti esperienza e organizzazione. Di anno in anno si aggiungono particolari, se ne aggiustano altri, si cerca di cambiare, di rinnovarsi senza buttare via niente di ciò che si è fatto l’anno prima. Ogni aiuto viene accettato perché c’è sempre qualcosa da fare.
Per poter realizzare un Presepe vivente che occupa uno spazio di circa seimila metri quadri, le scene non sono più solo animate ma anche recitate e i personaggi non solo fanno parte della coreografia e si improvvisano attori ma fanno qualcosa di più : il vasaio fa davvero i vasi ; le lavandaie lavano davvero i panni (spesso con temperature sottozero). E che dire delle guardie romane che sono vestite con un mantello leggerissimo e un gonnellino ? Questa è tuta gente che non viene pagata, la cui unica soddisfazione è che il Presepe riesca bene, che la gente lo apprezzi, senza pensare ai problemi che possono sorgere e rovinare tutto, a partire dalla neve o dal ghiaccio, per finire a un’interruzione dell’energia elettrica. Sono tante le difficoltà che si devono affrontare e le spese da sostenere, spese non solo economiche: c’è gente che prende dei giorni di ferie per lavorarci, gente che presta gli animali che rendono il Presepe così realistico.
Quanti passano la vigilia di Natale in una capanna di paglia, eppure nessuno vuole perdere quella che ormai una tradizione sentita e consolidata.
Una tradizione che vede l’ultimo nato del paese far la parte di Gesù bambino nella capanna in compagnia di un bue e di un asinello.
Ma continua a rimanere soprattutto qualcosa da fare assieme, qualcosa fatto dalla gente per la gente “
“Per ben 23 anni si è protratta l’esperienza del Presepe vivente di Ciano.
Al di là delle più profonde e sentite motivazioni religiose, nasce quindi in noi spontanea l’esigenza di definire le ragioni per cui continuiamo un’attività, peraltro così faticosa, che potrebbe ormai apparire solo come pura esecuzione o come oggetto di sensazioni sbiadite a chi le ripropone.
Non è così : ci sono impressioni e sensazioni che il tempo dopo averle concesse non riesce più a nascondere nel folto della memoria.
Nel ripetere il Presepe vivente non ci succede mai di andare a riprodurre l’esperienza passata, poiché i momenti già vissuti tornano a trascorrere, ma in altro modo. Non manca mai la riscoperta di atmosfere intense e suggestive, il forte richiamo di un immaginario collettivo che va oltre la pura descrizione, rinsalda legami umani e crea vivacità, libertà fantastiche e poetiche.
Nel corso di tutti questi anni tali innate capacità non sono invecchiate, né si sono logorate e continuano a trasmettere messaggi a chi costruisce e a chi visita il Presepe vivente. Esso nasce dunque da diverse voci ; senza enfasi né solennità compia il proprio cammino per quello che è, senza pretesa di raggiungere mete o fini ultimi. Durante il suo percorso però intervengono sempre momenti di riflessione e considerazione che ci confermano ogni volta la volontà di conoscere i valori di fondo dell’esistenza umana e di avvicinarsi alla fede nel Signore.
I sentimenti più autentici si dichiarano, si rivelano, ed il visitatore riesce a stabilire con essi un profondo contatto ; non si sofferma perciò solo sui concreti dettagli della rappresentazione, ma li interiorizza attraverso la propria sensibilità e religiosità.
Ognuno, pur non escludendo il piacere del proprio ruolo di figurante o di osservatore, ama sentirsi uomo tra gli uomini per condividere emozioni e situazioni che segnano l’esistenza della gente comune.
Ecco perché ci riesce così difficile dire addio a questa nostra esperienza.
Al nostro Presepe vivente : grazie per quanto ci ha regalato”